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Il pavimento

Nel Museo campano di Capua al piano superiore la sala X è dedicata a mosaici di varia provenienza. Spiccano quelli provenienti da Sant' Angelo in Formis. Ora sono cinque, altri tre furono perduti inseguito al bombardamento aereo del 1943 che colpì un'ala del Museo. Vennero comprati direttamente dall'amministrazione del Museo nel 1880 da privati per 2.200 lire. I brani musivi appartenevano forse a complessi decorativi di edifici civili o sacri. Ricordiamo che la località si era trasformata in zona residenziale riportata dalla tabula Peutengeriana coni il toponimo ad Diana.

Due brani musivi, componenti di una stessa configurazione (uno è grande cm.120x78, l'altro cm.68x54), presentano combinazioni ornamentali con al centro due lance incrociate sotto scudi di forma diversa; il più piccolo presenta un solo scudo. Un terzo pannello, cm.107x47, contiene un tratto di balza costituita da motivi geometrici.

Il quarto pannello rappresenta una scena conviviale. Si incentra su cinque commensali, due uomini e tre donne disposti intorno al triclinio colti nell'atto di conversare.

Spicca su tutti il quinto pannello cm. 138x175, lo stupendo mosaico "della scuola" o "coro sacro". Inserito in una treccia policroma con tasselli di colore nero,bianco, rosso, giallo, verde chiaro,è composto da fanciulle disposte di fronte su quattro file e completato in fondo dal maestro del coro.

Un'iscrizione del 387 elenca le feste in onore di Diana.

L'ultimo ricordo della dea tifatina è una iscrizione metrica delIV sec d.C. ove un certo Dematius Laetus, liberto, scioglie un voto offrendo a Diana una meravigliosa statua. Poi più nulla.

Quando le fanciulle immortalate nel mosaico hanno cessato di innalzare le loro voci alla vergine Dea della caccia e dei boschi,refrattaria all'amore, per rivolgerle alla Vergine Madre di Gesù e aprirsi ad una nuova speranza?
 
Mutamenti di destinazione d'uso non impedirono che il ricordo della dea proprietaria del Tifata restasse ancora vivo. Secoli dopo Leone Ostiense e documenti ufficiali per indicare la chiesa di Angelo adoperarono l'espressione “ad arcum Dianae" o "de monte Diana".

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